Generazione Z e il futuro del Mondo del Lavoro

Intrecciare Culture - La Generazione Z e il futuro del mondo del lavoro.

I giovani nati dal 1995 al 2010 stanno cambiando le regole del gioco del mercato del lavoro. Ma sono davvero dei ragazzi scansafatiche poco disposti all’impegno lavorativo? Proprio no, semplicemente hanno un altro modo di approcciarsi all’impiego professionale. Le urgenze immerse nel post-Covid, tra dimissioni dal posto fisso e richieste di maggior flessibilità in tutti I campi, hanno dimostrato la necessità di un cambio di passo.

Spesso assistiamo a narrazioni che mettono in competizione le diverse generazioni, enfatizzando differenze e incomprensioni in un clima di “io contro te“. Per contrastare questo approccio dannoso e controproducente, abbiamo deciso di organizzare un evento volto a costruire un ponte relazionale tra il mondo imprenditoriale e le nuove generazioni. L’obiettivo è offrire spunti per una comunicazione e collaborazione più armoniche e produttive. È in questo contesto che è nato Intrecciare culture – la Generazione Z e il Futuro del Mondo del Lavoro, incontro tenutosi venerdì 19 aprile nella sala concerti della biblioteca Pio Rajna, Villa Quadrio, a Sondrio, organizzato in collaborazione con l’Orchestra Antonio Vivaldi.

“Il mio sogno – le parole di Valerie Schena Ehrenberger, ceo di Valtellina Lavoro e promotrice dell’iniziativa – è davvero quello di intrecciare culture, mettendo insieme i giovani con il mondo del lavoro. Mi dà fastidio la retorica comune secondo cui i ragazzi non hanno voglia di fare: evidentemente li conosciamo poco e non li ascoltiamo a sufficienza”

Quindi abbiamo scelto di riunire, non intorno ad un tavolo, ma ad un pianoforte, rappresentanti del mondo delle imprese, delle università, delle associazioni culturali e giovani della Generazione Z per uno scambio alla pari su aspettative, motivazioni, sfide, formazione, onboarding e sogni. 

Apre l’evento, moderato dal direttore editoriale del Gruppo Netweek  Giancarlo Ferrario, il racconto di Angelo Moscatelli, direttore delle risorse umane di Iperal, e Francesca Della Vedova, responsabile formazione e sviluppo dello stesso gruppo, società valtellinese specializzata nella grande distribuzione organizzata che – lo ricordiamo – conta su 53 punti vendita sparsi in Lombardia e oltre 4.000 dipendenti. Il Gruppo Iperal, come tutte le imprese, deve infatti affrontare la sfida di attrarre e inserire giovani talenti e ha così raccontato cosa sta facendo per superare queste criticità, come intende conciliare le diverse aspettative tra le diverse generazioni, anche in fatto di disponibilità, flessibilità e fidelizzazione all’azienda. Un’esperienza vera che poggia su focus group e indagini promosse al proprio interno.  

«Siamo una realtà in forte crescita, apriamo circa 3-4 negozi all’anno e per questo è forte la necessità di assumere nuovi collaboratori. Cento assunzioni al mese per nuove aperture e turn over fisiologico». Sempre Iperal, ha proseguito, «punta molto sui giovani e sulla creazione di un percorso formativo e professionale allineato alle loro aspettative. Ad ogni nuovo collaboratore assunto viene associato un piano di inserimento formativo fondamentale per accompagnarlo nell’affiancamento e nella nuova esperienza professionale. Abbiamo inoltre strutturato due processi valutativi della prestazione e del potenziale, indispensabili nella comunicazione dei feedback e per l’individuazione delle crescite interne». Una realtà solidale che ha però dovuto fare i conti con un nuova sfida, «trattenere e valorizzare l’organico». 

Valerie Schena Ehrenberger ha quindi proposto un resoconto dei risultati di una ricerca effettuata da Valtellina Lavoro che è ruotata attorno ad aspettative e motivazioni. «Quella che abbiamo preso in considerazione è la generazione più formata e iperconnessa tra quelle precedenti. Questo però significa avere un eccesso di informazioni che tuttavia rischiano di far perdere il senso che sta alla base dell’attività lavorativa.”

Per far fronte a questa tendenza la stessa Schena e il suo staff hanno posto una domande precise. Le risposte, per certi versi spiazzanti, hanno portato a constatare la mancanza della cultura del mondo del lavoro. Mancanza di fronte alla quale occorre, giocoforza,  «correggere i parametri di valutazione» e che denota come «il ragazzo non si prepara al colloquio, poiché in forte difficoltà e lasciato solo ad orientarsi tra le opportunità e le proprie inclinazioni». Tali questionari hanno pure dato modo di indossare nuovi occhiali per comprendere meglio le nuove tendenze. Prova ne siano le aspettative, che ne sono uscite cambiate. «Sebbene permanga l’aspetto della sicurezza economica, da vedersi come mera “remunerazione sul proprio conto corrente”, i giovani lavoratori vogliono avere la possibilità di una buon work-life-balance, di crescere professionalmente e lavorare in un clima positivo in grado di generare fidelizzazione». 

La prossima relatrice, Ilaria Vigorelli, docente universitaria, scrittrice e presidente della Fondazione Marco Vigorelli, dedicata all’omonimo economista, suo padre e senior partner di Accenture scomparso nel 2002, afferma che la discussione sul conflitto intergenerazionale «non è per niente nuova. Se penso alla generazioni precedenti, prendo in considerazione una realtà integra dal punto di vista dei valori, molto intraprendente, a volte percepita come giudicante. Una generazione che è stata in grado di portare questi principi fino ai giorni nostri. Ora ci stiamo scontrando con nuovi ostacoli, ma abbiamo la possibilità di uscirne. Come? Scandagliando i rapporti tra i valori e le priorità. Fondamentali, in tal senso, si rivelano gli ingredienti delle 3C, cioè «Causa, Coaching e Costanza». L’unica grammatica che funziona, ha infatti spiegato, è quella che «implica di “spiegare la relazione tra causa e scopo, ossia la capacità di fissare gli obiettivi di un’azione”. In secondo luogo, c’è il “coaching”, vale a dire la consapevolezza che tutti abbiamo il desiderio di essere promossi in quanto portatori di novità attraverso la capacità di dare e ricevere ascolto. Che vuol dire “dare vita». In terzo la “Costanza”, ossia il tempo dedicato alla esigenza. Che poggia su questa considerazione: “Se mi esigono (con riferimento ai propri datori di lavoro, ndr) allora vengo stimato. Ma per esigere, bisogna dedicare tempo. Se me lo chiedono più volte, allora vuol dire che divento oggetto del desiderio, e così il mio rapporto di lavoro migliora».

Vero innovazione dell’evento sono però state le testimonianze dei diretti interessati: la descrizione sintetica del lavoro, la molla che scatta alla base delle scelte, ma anche i desideri e i sogni. Questi i punti cardine delle interviste che hanno caratterizzato la parte finale dell’incontro e che ha visto finire al centro quattro ragazzi. Camilla Rasia, 25 anni di Castione Andevenno, lavora come responsabile comunicazione di Schena Assicurazioni Generali.  «Mi auspico che il confronto coi senior non venga mai a mancare, specie nell’ottica di individuare soluzioni comuni ai problemi». Così Giorgia Valenti, 27 anni, del Gruppo Autotorino: «dopo avere svolto il lavoro di consulente nella Bassa Valle, ora mi occupo delle risorse umane nel ramo amministrativo. Ho realizzato quanto sia importante che ciò che produciamo ci faccia sentire gratificati». Alessandro Gadola, ingegnere 23enne di Morbegno, nel proprio futuro spera di coniugare la «passione per la montagna con le conoscenze acquisite nel corso del percorso di studi» ormai alle battute finali. Philipp Lynov, 25 anni di Mosca. E’ un giovane pianista che ha vinto, tra gli altri, il concorso internazionale di pianoforte Takamatsu, in Giappone. Ha incantato il pubblico presente in sala con le sue note magiche e non intende fermarsi: «Voglio migliorarmi e continuare a proporre musica trasmettendo passione». 
A chiudere l’evento l’aperitivo proposto dagli studenti dell’Azienda di promozione e formazione APF Valtellina.